Un ristorante a 50 metri dal tempio romano? Teramo Nostra e Italia Nostra dicono no

TERAMO – «Teramo sta diventando la città delle baracche». La polemica arriva dall’architetto Hector Cavone Felicioni, presidente della sezione teramana di Italia Nostra, che critica il progetto di “copertura” di Largo San Matteo, inserito nel più ampio programma di restyling del centro storico. «Fortunatamente – afferma Felicioni – la Sovrintendenza ha detto no alla realizzazione di quella sorta di “funghi” impattanti, ma non si capisce come abbia potuto autorizzare questo progetto alternativo, come si fa a coprire una piazza? Perché?». Italia Nostra e Teramo Nostra, sostenute da Rifondazione comunista, criticano anche la decisione del Comune di autorizzare il cambio di destinazione d’uso ad un’altra “baracca”, quella che si trova a pochi metri dall’area archeologica della Cona, e che sarà riconvertita in ristorante. «Eppure – afferma Sandro Melarangelo di Teramo Nostra – si tratta di un’area con un vincolo indiretto imposto dalla Sovrintendenza, il cambio di destinazione d’uso non sarebbe consentito. Certo, se questo vincolo, invece che 4 anni fa, fosse stato imposto molto tempo prima, le baracche non sarebbero neanche esistite. Si tratta dell’ennesima prova di ignoranza di questa amministrazione che non sa curare e valorizzare le proprie ricchezze archeologiche, basti vedere come sono tenute le aree di Porta Madonna e Piazza Sant’Anna». Anche Mario Ferzetti, segretario provinciale di Rifondazione comunista, appoggia le due associazioni nella loro contestazione. «Quella della Cona è un’area archeologica di cui i teramani stentano a comprendere la portata e il valore – è assurdo che non esista una sorta di zona di rispetto per una zona così importante dal punto di vista storico». Il timore delle associazioni e di Rifondazione è quindi che gli ingenti investimenti economici, circa 1 milioni di euro, messi in campo dall’Anas per portare alla luce il tempio romano, la necropoli e la “via sacra” rinvenuti nell’area, possano essere vanificati da una sorta di edificazione “selvaggia”  «così come è avvenuto su Ponte Messato», conclude Melarangelo.